Malattie Neurodegenerative

SCLEROSI MULTIPLA

La sclerosi multipla (SM), chiamata anche sclerosi a placche, sclerosi disseminata o polisclerosi, è una malattia autoimmune cronica demielinizzante, che colpisce il sistema nervoso centrale causando un ampio spettro di segni e sintomi. La malattia ha una prevalenza che varia tra i 2 e 150 casi per 100 000 individui. E' stata descritta per la prima volta da Jean-Martin Charcot nel 1868.

La sclerosi multipla colpisce le cellule nervose rendendo difficoltosa la comunicazione tra cervello e midollo spinale. Le cellule nervose trasmettono i segnali elettrici, definiti potenziale d'azione, attraverso lunghe fibre chiamate assoni, i quali sono ricoperti da una sostanza isolante, la guaina mielinica. Nella malattia, le difese immunitarie del paziente attaccano e danneggiano questa guaina. Quando ciò accade, gli assoni non sono più in grado di trasmettere efficacemente i segnali.

Il nome sclerosi multipla deriva dalle cicatrici (sclerosi, meglio note come placche o lesioni) che si formano nella materia bianca del midollo spinale e del cervello. Anche se il meccanismo con cui la malattia si manifesta è stato ben compreso, l'esatta eziologia è ancora sconosciuta. Le diverse teorie propongono cause sia genetiche, sia infettive; inoltre sono state evidenziate delle correlazioni con fattori di rischio ambientali.

La malattia può manifestarsi con una vastissima gamma di sintomi neurologici e può progredire fino alla disabilità  fisica e cognitiva. La sclerosi multipla può assumere varie forme, tra cui quelle recidivanti e quelle progressive.

Al 2016 non esiste una cura nota. Alcuni trattamenti farmacologici sono disponibili per evitare nuovi attacchi e prevenire le disabilità . La prognosi è difficile da prevedere e dipende da molti fattori, mentre la speranza di vita è di circa da 5 a 10 anni inferiore a quella della popolazione sana.

SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA

La sclerosi laterale amiotrofica, o SLA, chiamata anche malattia di Lou Gehrig (dal nome di un giocatore di baseball, la cui malattia nel 1939 sollevò l'attenzione pubblica), o malattia di Charcot o malattia dei motoneuroni, è una malattia neurodegenerativa progressiva del motoneurone, che colpisce selettivamente i motoneuroni, sia centrali ("1º motoneurone", a livello della corteccia cerebrale), sia periferici ("2º motoneurone", a livello del tronco encefalico e del midollo spinale).

La SLA è caratterizzata da rigidità  muscolare, contrazioni muscolare e graduale debolezza a causa della diminuzione delle dimensioni dei muscoli. Ciò si traduce in difficoltà  di parola, della deglutizione e, infine, della respirazione.

Nel 90%-95% dei casi la causa non è nota. Circa il 5%-10% dei casi sono ereditati e circa la metà  di questi sono dovuti a uno di due geni specifici. La diagnosi si basa sull'osservazione di segni e sintomi presentati dal paziente e su alcuni esami diagnostici eseguiti per escludere altre possibili cause.

Non esiste una cura nota per la SLA. Un farmaco chiamato riluzolo può prolungare l'aspettativa di vita di circa due o tre mesi. La ventilazione artificiale può comportare sia una migliore qualità , sia una maggiore durata della vita. La malattia di solito inizia intorno all'età  di 60 anni e, nei casi ereditati, circa una decina di anni prima. La sopravvivenza media dall'esordio al decesso può variare dai tre ai quattro anni. Circa il 10% sopravvive più di 10 anni. La maggior parte muore per insufficienza respiratoria. In gran parte del mondo, i tassi epidemiologici di SLA sono sconosciuti. In Europa e negli Stati Uniti, la malattia colpisce circa 2 persone ogni 100.000 individui all'anno.

La prima descrizione della malattia risale almeno al 1824 da parte di Charles Bell.[11] Nel 1869, il collegamento tra i sintomi e i problemi neurologici sottostanti sono stati descritti da Jean-Martin Charcot, che nel 1874 iniziò ad usare il termine sclerosi laterale amiotrofica. La condizione divenne nota nel XX secolo quando colpì il giocatore di baseball Lou Gehrig.

MALATTIA DI PARKINSON

La malattia di Parkinson sovente definita come morbo di Parkinson, Parkinson, parkinsonismo idiopatico, parkinsonismo primario, sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia neurodegenerativa. I sintomi motori tipici della condizione sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. Tali cellule si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo.

La causa che porta alla loro morte è sconosciuta. All'esordio della malattia, i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori, rigidità , lentezza nei movimenti e difficoltà  a camminare. In seguito, possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali, con la demenza che si verifica nelle fasi avanzate. La malattia di Parkinson è più comune negli anziani, la maggior parte dei casi si verifica dopo i 50 anni.

I sintomi motori principali sono comunemente chiamati parkinsonismo. La condizione è spesso definita come una sindrome idiopatica anche se alcuni casi atipici hanno un'origine genetica. Molti fattori di rischio e fattori protettivi sono stati indagati: ad esempio, l'aumento del rischio di contrarre la malattia nelle persone esposte ad idrocarburi solventi e pesticidi. La patologia è caratterizzata dall'accumulo di una proteina, chiamata alfa-sinucleina, in inclusioni denominate corpi di Lewy nei neuroni e dall'insufficiente formazione di dopamina. La distribuzione anatomica dei corpi di Lewy è spesso direttamente correlata all'espressione e al grado dei sintomi clinici di ciascun individuo.

La diagnosi nei casi tipici si basa principalmente sui sintomi, con indagini di neuroimaging come conferma. I moderni trattamenti sono efficaci per gestire i sintomi motori precoci della malattia, grazie all'uso di agonisti della dopamina e del levodopa. Col progredire della malattia, i neuroni dopaminergici continuano a diminuire di numero, e questi farmaci diventano inefficaci nel trattamento della sintomatologia e, allo stesso tempo, producono una complicanza, la discinesia, caratterizzata da movimenti involontari. Una corretta alimentazione e alcune forme di riabilitazione hanno dimostrato una certa efficacia nell'alleviare i sintomi. La chirurgia e la stimolazione cerebrale profonda vengono utilizzate per ridurre i sintomi motori come ultima risorsa, nei casi più gravi in cui i farmaci risultano inefficaci.

La malattia prende il nome dal medico inglese James Parkinson, che pubblicò la prima descrizione dettagliata nel suo trattato An Essay on the Shaking Palsy nel 1817.

MALATTIA DI ALZHEIMER

La malattia di Alzheimer-Perusini, detta anche morbo di Alzheimer, demenza presenile di tipo Alzheimer, demenza degenerativa primaria di tipo Alzheimer o semplicemente Alzheimer, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età  presenile (oltre i 65 anni, ma può manifestarsi anche in epoca precedente).

Si stima che circa il 60-70% dei casi di demenza sia dovuta a Alzheimer disease (AD).

Il sintomo precoce più comune è la difficoltà  nel ricordare eventi recenti. Con l'avanzare dell'età  possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità  di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società  e della famiglia. A poco a poco, le capacità  mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità  di progressione può variare, l'aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.

La patologia è stata descritta per la prima volta nel 1906, dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer. Nel 2006 vi erano 26,6 milioni di malati in tutto il mondo e si stima che ne sarà  affetta 1 persona su 85 a livello mondiale entro il 2050.

La causa e la progressione della malattia di Alzheimer non sono ancora ben compresi. La ricerca indica che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione. Attualmente i trattamenti terapeutici utilizzati offrono piccoli benefici sintomatici e possono parzialmente rallentare il decorso della patologia; anche se sono stati condotti oltre 500 studi clinici per l'identificazione di un possibile trattamento per l'Alzheimer, non sono ancora stati identificati trattamenti che ne arrestino o invertano il decorso. Circa il 70% del rischio si ritiene sia genetico con molti geni solitamente coinvolti. Altri fattori di rischio includono: traumi, depressione o ipertensione. Il processo della malattia è associata a placche amiloidi che si formano nel SNC.

Una diagnosi probabile è basata sulla progressione della malattia, test cognitivi con imaging medico e gli esami del sangue per escludere altre possibili cause. I sintomi iniziali sono spesso scambiati per normale invecchiamento. E' necessaria la biopsia del tessuto cerebrale per una diagnosi definitiva. L'esercizio mentale e fisico possono diminuire il rischio di AD. Non esistono farmaci o integratori che scientificamente possano diminuire il rischio di AD.

A livello preventivo, sono state proposte diverse modificazioni degli stili di vita personali come potenziali fattori protettivi nei confronti della patologia, ma non vi sono adeguate prove di una correlazione certa tra queste raccomandazioni e la riduzione effettiva della degenerazione. Stimolazione mentale, esercizio fisico e una dieta equilibrata sono state proposte sia come modalità  di possibile prevenzione, sia come modalità  complementari di gestione della malattia.

La sua ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e, comunque, non risolutiva efficacia delle terapie disponibili e le enormi risorse necessarie per la sua gestione (sociali, emotive, organizzative ed economiche), che ricadono in gran parte sui familiari dei malati, la rendono una delle patologie a più grave impatto sociale del mondo.

Anche se il decorso clinico della malattia di Alzheimer è in parte specifico per ogni individuo, la patologia causa diversi sintomi comuni alla maggior parte dei pazienti. I primi sintomi osservabili sono spesso erroneamente considerati problematiche "legate all'età ", o manifestazioni di stress. Nelle prime fasi, il sintomo più comune è l'incapacità  di acquisire nuovi ricordi e la difficoltà  nel ricordare eventi osservati recentemente. Quando si ipotizza la presenza di una possibile malattia di Alzheimer, la diagnosi viene di solito confermata tramite specifiche valutazioni comportamentali e test cognitivi, spesso seguiti dall'imaging a risonanza magnetica.

Con l'avanzare della malattia, il quadro clinico può prevedere confusione, irritabilità  e aggressività , sbalzi di umore, difficoltà  nel linguaggio, perdita della memoria a breve e lungo termine e progressive disfunzioni sensoriali.

Poiché per la malattia di Alzheimer non sono attualmente disponibili terapie risolutive e il suo decorso è progressivo, la gestione dei bisogni dei pazienti diviene essenziale. Spesso è il coniuge o un parente stretto (caregiver), a prendersi in carico il malato, compito che comporta notevoli difficoltà  e oneri. Chi si occupa del paziente può sperimentare pesanti carichi personali che possono coinvolgere aspetti sociali, psicologici, fisici ed economici.

MALATTIA DI HUNTINGTON

La malattia di Huntington, o corea di Huntington, è una malattia genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici. Esordisce tipicamente durante la mezza età ; è la più frequente malattia a causa genetica nei quadri clinici neurologici con movimenti involontari anomali (che prendono il nome di còrea).

E' molto più comune nelle persone di discendenza europea occidentale rispetto a chi è di origine asiatica o africana. La malattia è causata da una mutazione autosomica dominante in una delle due copie (alleli) di un gene chiamato huntingtina, il che significa che ogni figlio di una persona affetta ha una probabilità  del 50% di ereditare la condizione. La base genetica della malattia è stata scoperta nel 1993 grazie ad una ricerca internazionale guidata dalla Hereditary Disease Foundation. I sintomi fisici della malattia possono iniziare a qualsiasi età , ma più frequentemente tra i 35 e i 44 anni di età .

I sintomi della malattia possono variare tra gli individui e anche tra i membri colpiti della stessa famiglia, ma di solito la loro progressione può essere predetta. I primi sintomi sono spesso sottili problemi con l'umore o con la cognizione a cui segue una generale mancanza di coordinazione e una andatura instabile. Con l'avanzare della malattia i movimenti non coordinati del corpo diventano sempre più evidenti e sono accompagnati da un calo delle capacità  mentali e problemi comportamentali e psichiatrici. Le complicanze, come la polmonite, le malattie cardiache e i danni fisici da cadute, riducono l'aspettativa di vita a circa 20 anni a partire dall'esordio dei sintomi. Non esiste una cura per la condizione e una assistenza a tempo pieno diventa necessaria nelle fasi più avanzate della malattia. I trattamenti sono solo farmacologici e non possono alleviare molti dei suoi numerosi sintomi.

fonte wikipedia